Gli affitti in nero, specie tra gli studenti, sono sempre andati per la maggiore. Nei maggiori centri rappresentano una realtà quasi legalizzata ma ci sono anche Regioni come la Calabria che vogliono contrastare subito il fenomeno.
Parliamo di affitti in nero e parliamo delle Regione Calabria. Nonostante il numero di appartamenti affittati agli studenti senza un regolare contratto, sia sempre molto elevato, la Polizia tributaria ha deciso d’intervenire sul problema: andrà a scovare i proprietari degli appartamenti affittati agli universitari senza un regolare contratto. Cominciando dalla provincia di Cosenza.
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I fuorisede che frequentano l’ateneo calabrese Unical, cioè la struttura che deve favorire il diritto allo studio, tramite la Guardia di Finanza, ha deciso di mandare a tutti gli studenti un questionario da restituire entro 20 giorni dalla consegna. In questo questionario che sarà la base dell’inchiesta, ogni ragazzo deve indicare il canone di locazione corrisposto per l’appartamento o per la stanza, il modo in cui questo affitto viene versato al padrone di casa e deve essere in grado di dimostrare di avere un contratto, quindi deve dimostrare la regolarità del rapporto di locazione.
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L’intenzione delle autorità, naturalmente, non è quella di punire gli studenti che devono già pagare molte tasse e dei canoni d’affitto spesso elevanti. L’idea è di arrivare a sanzionare i proprietari evasori. Per gli studenti scatta la multa se non è compilato il questionario, in questo caso l’ammenda va dai 258 ai 2065 euro.
Finora, comunque, non ci sono stati problemi e come dicono dall’ateneo cosentino, il clima che si respira è collaborativo e sereno. Gli studenti sanno di non essere alla gogna, meno tranquilli, invece, i proprietari. Un sistema quasi perfetto, almeno così come l’abbiamo raccontato finora.
In realtà c’è un punto nero nella storia: il questionario, infatti, per ragioni di privacy, è stato inoltrato alle email istituzionali, quelle che l’ateneo offre agli studenti che però usano molto poco la casella di posta universitaria. Per ovviare al problema si è deciso di fare perno sui social network dove il passaparola è già stato attivato.