Dalla riforma della Pa emergono molte novità. Anzitutto quella sull’età pensionabile. Il provvedimento prevede per tutti i lavoratori, pubblici e privati, la possibilità di lasciare l’impiego in anticipo rispetto ai 66 anni e 3 mesi previsti dalla legge Fornero.
Sarà possibile andare in pensione a 57 anni con 35 di contributi per i lavoratori dipendenti e a 58 anni sempre con 35 di contributi per i lavoratori autonomi. Ma l’anticipo della pensione costerà caro. L’assegno verrà interamente calcolato con il metodo «contributivo». La perdita sarebbe in media del 25-30% sulla pensione, con un minino del 15% e un massimo che può arrivare al 45% a seconda dei contributi versati. Questa norma era già esistente, ma era per le sole lavoratrici. D’ora in poi sarà estesa a tutti e allungata fino al 2018.
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Una via d’uscita sicuramente non molto conveniente, ma comunque una via d’uscita. Quasi certamente più nel privato, per gli «esodati», che nel pubblico. Per gli statali ci sarà anche un’altra possibilità di pensionamento anticipato. È prevista per loro un’altra norma già esistente, ma vale in questo caso solo nel privato, e che permette di addolcire i rigidi requisiti della Fornero: i cosiddetti «casi eccezionali».
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Sono due possibilità. La prima riguarda i lavoratori che hanno maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012 che potranno lasciare a 64 anni invece dei 66 anni e 3 mesi. Le lavoratrici potranno andare in pensione a 64 anni se hanno maturato entro il 31 dicembre 2012 un’anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla stessa data avessero un’età di almeno 60 anni.