Giungono buone notizie dall’indice Pmi manifatturiero dell’Italia, dal momento che è salito a 53,8 ad aprile da 53,3 di marzo, il livello più alto da aprile dello scorso anno.
Il dato – fatto registrare da Adaci e Markit Economics – supera le attese del mercato che non andavano oltre un aumento a 53,4. Quota 50 è la soglia di demarcazione fra espansione e contrazione del ciclo. Ancora una volta, dunque, un sondaggio sulle prospettive dell’economia del Belpaese mostra un sentimento di fiducia, che però in tempi recenti è stato più volte controbilanciato da dati deludenti provenienti dalla statistica ‘reale’. Gli indici Pmi, infatti, sono costruiti sentendo l’opinione dei direttori degli acquisti.
Per quanto concerne il fronte occupazionale, ad esempio, l’aria è pervasa un ottimismo che nei fatti rischia di essere frustrato dalle rilevazioni Istat, che hanno mostrato (per marzo) una nuova risalita del tasso di disoccupazione al 13%. “Le imprese manifatturiere hanno incrementato i loro livelli del personale al tasso più veloce in più di quattro anni, aumentando inoltre le loro giacenze in vista di maggiori esigenze della produzione. Entrambi gli aumenti provano come lo stato di salute del settore è certamente migliorato”, dice nel comunicato di Markit l’economista Phil Smith.
L’ultimo valore è stato il secondo più alto osservato durante gli ultimi quattro anni, secondo solo a quello dello scorso aprile di 54 punti, spiega ancora l’istituto. Un indicatore del miglioramento dello stato di salute del settore è stato l’aumento più veloce e maggiore in 12 mesi del livello della produzione. La crescita è stata generale in tutti e tre i sottosettori, con quello dei produttori dei beni di consumo che ha notato l’aumento maggiore seguito da quello dei beni capitali.