I prezzi delle commodities fanno registrare cali, anche se il petrolio sembra rimbalzare in queste ore dai minimi degli ultimi 6 anni, così come l’oro ha guadagnato il 3% durante le ultime 5 sedute.
In generale, tuttavia, il clima è“bearish” e ciò implicherà rischi al ribasso per l’economia mondiale, a causa dell’indebolimento del mercato di sbocco cinese, così come è evidente che ci saranno ripercussioni sull’inflazione, le cui aspettative si stavano già abbassando negli ultimi tempi con il ripiegamento delle quotazioni del petrolio.
E così, la prospettiva di una nuova ondata di disinflazione in Occidente sta stimolando al ribasso i rendimenti dei titoli obbligazionari, come nel caso dei Treasuries, i cui decennali sono arrivati a offrire oggi fino a un minimo del 2,04%, il livello più basso dal 30 aprile scorso, mentre i trentennali sono scesi al 2,72%, anche in questo caso il livello più basso dalla fine di aprile.
Ciò che maggiormente rileva è che il differenziale di rendimento tra i Treasuries a 10 anni a cedola fissa e i cosiddetti TIPS, i titoli legati all’inflazione, è pari all’1,62%, il più basso dal 17 marzo scorso e nettamente inferiore al 2,14% medio del decennio scorso, segnalando un raffreddamento delle aspettative d’inflazione.
Ma se la crescita dei prezzi è attesa in calo, diminuiscono anche le probabilità stimate di un rialzo dei tassi USA a settembre, che scendono dal 45% di ieri al 39% di oggi. D’altronde, l’ex boss di Pimco, Bill Gross, un guru dei mercati per il comparto obbligazionario, ha pubblicato un tweet nelle scorse ore, in cui scrive che “la svalutazione della Cina esporta la deflazione nelle altre economie”. Che si tratti più precisamente di disinflazione poco importa: l’inflazione scenderà, la stretta monetaria potrebbe essere rinviata in America, per cui conviene buttarsi sui bond a cedola fissa e meno sulle azioni.