La Banca Europea degli investimenti ha approvato, dall’estate 2015, finanziamenti nell’ambito del programma per 17,7 miliardi di euro che a loro volta, stando ala banca, avrebbero generato 106,8 miliardi di investimenti.
Le risorse della Bei sono il 34% del piano Juncker che vale invece 315 miliardi di euro. All’interno del piano sono 40 le operazioni che il gruppo Bei ha approvato in Italia, per un totale pari a 2 miliardi di euro destinati a prestiti, garanzie ed equity. Il Piano Juncker, si stima, è riuscito ad attivare nel nostro Paese 13,7 miliardi di euro in investimenti.
Così Dario Scannapieco, vice presidente Bei:
Il progetto non è la panacea assoluta ma ha un importante valore politico per l’Europa. Oggi come Bei riusciamo a fare operazioni che senza la garanzia europea non avremmo potuto fare. E’ cambiato anche il paradigma, nel passato prevaleva il contributo a fondo perduto, oggi la leva consente di stimolare il moltiplicatore degli investimenti privati.
Più scettico Luigi Abete, presidente della federazione delle banche e delle assicurazioni (Febaf), che nel corso del seminario “Bei e Fei: un anno di piano Juncker. Gli strumenti finanziari per la ripresa” ha evidenziato come il Piano Juncker è al momento, vista la sua ridotta capacità, “uno strumento insufficiente rispetto al gap nella spesa per investimenti da recuperare per ritornare ai livelli pre-crisi”. In ogni caso si tratta, per il presidente di Bnl-Bnp Paribas, di “un tentativo intelligente con un dimensionamento definito” ha spiegato rimarcando il grande bisogno di investimenti in Europa. Abete, però, ha anche riconosciuto che il piano, nonostante lo scetticismo al momento del suo lancio, ha comunque ottenuto risultati migliori delle aspettative, soprattutto in Italia.