Buone notizie giungono dal comparto agroalimentare. L’Italia rimane leader al mondo in questo settore. Vanta circa 270 prodotti iscritti al registro dell’Unione europea.
Il comparto è sinonimo di qualità, anche in virtù dei centoventi consorzi che tutelano l’agroalimentare. I Consorzi di tutela sono stati riconosciuti dal Mipaaf. Si tratta di quarantotto enti di certificazione autorizzati.
Questi i dati emersi dal dodicesimo Rapporto sulle produzioni agroalimentari italiane realizzato da Qualivita Ismea, presentato a Roma:
Nel 2014 l’Italia ha registrato 8 nuovi prodotti, di cui 3 Dop e 5 Igp: Patata dell’Alto Viterbese Igp, Strachitunt Dop, Miele Varesino Dop, Torrone di Bagnara Igp, Pescabivona Igp, Piadina romagnola Igp, Salama da Sugo Igp, Pecorino Crotonese Dop. Un volume prodotto pari a 1,27 milioni di tonnellate, di cui oltre un terzo esportato per un valore pari a circa 2,4 miliardi di euro con un aumento del 5%; un fatturato alla produzione di 6,6 miliardi di euro e al consumo di circa di 13 miliardi di euro. Nel corso dell’anno è stata registrata la Piadina romagnola Igp, un prodotto street food, artigianale, basato sull’unicità del metodo di produzione e delle materie prime. Il settore dello street food si sta dimostrando molto attento a mantenere la tradizione attraverso una proposta innovativa, e come dimostrano i numeri di settore, è ormai diventato un canale distributivo efficace e strategico per le produzioni territoriali italiane. Nell’insieme si tratta -fa notare- di registrazioni molto interessanti, ben strutturate già nella fase di protezione transitoria, che arricchiscono il comparto con filiere che portano sostanza e completano il già interessante panorama nazionale della qualità certificata.
Analizzando il fatturato alla produzione generato dai singoli prodotti, si evince una massiccia concentrazione dei valori su poche denominazioni. Nel 2013 le prime dieci Dop Igp assommano, infatti, all’81% del fatturato. Nel contempo, si registra per questo valore un calo dell’1,7%, generatosi a causa esclusivamente della flessione del mercato interno (-5,2%) che sconta ancora le conseguenze della crisi dei consumi.