Sono passati più di ottanta anni da quando si è per l’ultima volta affacciato in Europa il rischio della deflazione. Erano infatti gli anni Trenta, gli anni della Grande Depressione, quando il Vecchio Continente ha sofferto degli effetti della crisi che aveva coinvolto anche gli Stati Uniti.
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Ma nell’ultimo periodo, appunto, l’Europa dell’euro sembra essere tornata soggetta non tanto al rischio dell’inflazione, quanto al rischio della deflazione. Da molti mesi, infatti, le famiglie e le imprese sono molto restie ad effettuare acquisti ed investimenti, attendendo un futuro calo dei prezzi. Questo blocco produce a sua volta una paralisi degli scambi commerciali, che non possono fare a meno di influenzare l’attività produttiva, che parimenti rallenta in attesa di tempi migliori.
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E ovviamente anche il mondo della finanza langue e si avvita su se stesso, perché gli imprenditori non si sentono più in grado di sostenere le spese per il credito, che, quando viene concesso, lo è a tassi di interesse molto alti. Lo sviluppo di questi fenomeni a catena potrebbe ripresentare in Europa un clima deflazionistico, davanti al quale prezzi e inflazione continuerebbero a scendere.
In effetti nell’ultimo periodo l’inflazione europea si è attestata intorno allo 0,7% e anche i prezzi dei beni di consumo, compresi quelli italiani, sono precipitati verso il basso. Tutto questo quadro economico, di conseguenza, potrebbe influenzare le decisioni che nel corso di questa settimana sarà chiamata a prendere la Banca Centrale Europea, che entro giovedì dovrà esprimersi ancora una volta sul costo del denaro e sul livello dei tassi di interesse.
Ma questa volta, un ulteriore taglio dei tassi di interesse come in passato, con il rischio delle deflazione alle porte, non sembra essere così scontato.