Negli ultimi sette anni, la crisi si è fatta sentire in maniera così forte da incidere nello scenario economico italiano su tutti i versanti.
Il potere d’acquisto delle famiglie si è ridotto drasticamente. Gli effetti della crisi, naturalmente, sono profondissimi sulla disoccupazione. La crisi ha razziato milioni di lavoratori trovatosi di punto in bianco senza un impiego.
Alcuni numeri:
Negli anni del ‘collasso’ la disoccupazione in Italia è aumentata del 108,2 per cento: più del doppio rispetto alla media Ue. Un perimetro, quello europeo, dentro al quale, invece, la Germania spicca per cifre di ben altro tenore (eccezion fatta per il gender pay gap): lì, nel corso degli stessi anni, la disoccupazione è risultata addirittura in calo del 41,18 per cento. Allo stesso tempo, però, in Italia i precari sono aumentati del 3% mentre in Germania il numero è calato di oltre 10 punti percentuali. Sul versante under 30, poi, l’Italia non ne esce affatto bene. Con la crisi, infatti, siamo diventati il Paese con la più alta percentuale di giovani fra i 15 e i 24 anni che non lavorano e non studiano (si chiamano Neet) e siamo passati dal 16,2% del 2007 al 22,2% del 2013. Una crescita che ha portato il Bel Paese a non avere eguali in tal senso e a superare pure la Bulgaria che era l’unico – nel 2007 – a fare peggio del dato italiano. Con una media europea del 13%, i soli Stati membri Ue che sono riusciti a ridurre la percentuale dei Neet sono la Germania (-29%), Malta (-13%) e il Lussemburgo (-12%).
Il governo Renzi intanto prova a rassicurare l’opinione pubblica, puntando sui numeri del Jobs Act. Secondo il ministro Poletti siamo dinanzi ad un’importante cambiamento: “Molte decine di migliaia di giovani che avevano contratti precari stanno avendo contratti a tempo indeterminato”.