E’ stato un fine settimana travagliato in termini di verifiche per gli interventi sul caso Ilva.
Le alternative praticabili sono state messe nero su bianco ma le scelte finali toccano al Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi.
Il passaggio è di vitale importanza dal momento in cui la cessione del gruppo ai privati è risultata impraticabile e, come ha sottolineato lo stesso Renzi, non c’è alcuna intenzione di svenderla. Nel contempo la volontà è di rivedere le prescrizioni contenute nella cosiddetta Aia (Autorizzazioni integrate ambientali), che determina obblighi molto severi e richiede investimenti stimati intorno a 1,8 miliardi di euro.
La soluzione più papabile? Il passaggio successivo all’entrata dell’Ilva in Legge Marzano è l’affitto degli impianti industriali a una società incaricata di gestirne il rilancio. Con ogni probabilità dovrebbe essere Fintecna, società controllata dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp). La vecchia Ilva si configurerebbe così una bad company. L’intenzione del governo è di prevedere un limite temporale all’intervento pubblico, al massimo tre anni. L’alternativa all’affitto degli impianti è lo scorporo di essi in una nuova società, che si presta meglio al coinvolgimento di azionisti privati e, in particolare, di ArcelorMittal, affiancata dal gruppo Marcegaglia. Ma, al momento, appare accantonato.
Tuttavia, Il coinvolgimento della Cassa depositi e Prestiti presenta numerosi aspetti che rimangono problematici. La possibilità è che si verifichi mediante un prestito importante perché occorrono soldi, tanti soldi, per pagare dipendenti e fornitori, provvedere alla manutenzione degli impianti, finanziare investimenti ormai irrinunciabili. Ovviamente Cdp chiede in cambio la garanzia dello Stato, che però deve rispettare quelli che sono i precisi vincoli europei.