Gli Stati Uniti hanno deciso di risolvere al più presto la questione siriana e sono pronti ad attaccare il paese in questione alla ricerca di Assad. La tensione che finora era rimasta confinata all’Egitto, sta sfociando in una crisi più ampia che coinvolge il Medioriente. La notizia non piace certo ai mercati che hanno dimostrato fin dalle prime ore seguenti all’annuncio del Segretario americano, di non gradire questi movimenti “militari”.
►La produzione del petrolio favorisce la Cina
Non sono soltanto gli indici borsistici in subbuglio, però, perché sta per essere messo a soqquadro anche il settore delle materie prime. Si sa infatti che questi paesi, come la Siria e l’Egitto, instabili sotto il profilo politico, sono ricchi di petrolio. Qualora salisse ancora il livello della tensione in Siria, l’oro nero potrebbe arrivare a quotazioni record. In fondo sta già succedendo anche se il costo dei carburanti, almeno in Italia, non ha subito drastiche oscillazioni.
►Il petrolio cresce per colpa dell’Egitto
La crisi in Siria non è ancora sfociata in un intervento militare ma si teme che una volta invasa la Siria, da parte degli Stati Uniti, si scateni il peggio anche in Iran e in Israele, paesi che insieme a tutto il Medioriente producono più del 30% del greggio venuto nel mondo.
Così il prezzo del petrolio al barile è schizzato sui 112 dollari, un prezzo record che non si registrava da due anni a questa parte.