Per moltissimi anni l’imprenditoria italiana si è sviluppata e ingrandita grazie all’applicazione di un modello di business molto semplice e immediato: quello della conduzione familiare delle aziende, che presuppone il passaggio dell’impresa di padre in figlio e di generazione in generazione.
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Ma negli ultimi tempi, dopo l’avvento della globalizzazione, qualche decina di anni fa e di quello della crisi economica più di recente, questo modello familiare di trasmissione aziendale ha cominciato a non dare più i risultati sperati, messo a confronto con le grandi realtà internazionali.
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Oggi anche i modelli di business applicabili al mondo aziendale sono decisamente cambiati. In Italia ancora sopravvivono molte realtà aziendali che applicano questo modello, la grande maggioranza possiamo dire, circa il 90 per cento, ma i casi felici sono sempre meno. In Europa, inoltre, ogni anni l’applicazione dei principi del family business fa perdere circa 600 mila posti di lavoro.
Le più recenti statistiche, dunque, segnalano che su 80 mila imprenditori che applicano il modello del family business, il 15 per cento supera il primo passaggio, il 15 per cento non supera il secondo, il 5 per cento del totale non sopravvive al terzo e, in ogni caso, il 63 per cento delle imprese coinvolte non supera il quinto anno di vita.
A questo importante fenomeno, nella lista degli elementi di debolezza del sistema imprenditoriale italiano, si aggiunge anche l’alta età media degli imprenditori del nostro paese, la svendita dei marchi storici a multinazionali straniere e il nanismo delle nostre aziende.