Un tipico paradosso tutto italiano: le nostre società leader nelle rinnovabili continuano a crescere, ma soltanto a patto di trasferirsi all’estero.
Così, dopo i cervelli, si registra anche la green economy in fuga aldilà delle Alpi, con ben scarse intenzioni di intraprendere la strade del ritorno.
Gli operatori di eolico e fotovoltaico lo dicono da tempo: nel nostro paese il clima (ma anche la legislazione) è sempre meno favorevole per chi vuole operare nel settore. La testimonia l’ultimo rapporto Irex, realizzato dalla società specializzata Althesys: vi si legge che nel 2015 si sono avute 140 operazioni, che hanno portato a investimenti per 9,9 miliardi di euro, in crescita del 31,5 per cento rispetto al 2014. Ma il dato positivo non deve ingannare, per almeno due motivi. Il primo riguarda le nuove operazioni: la crescita per linee esterne è “solo” il 47 per cento del totale, superate dalle acquisizioni. In pratica, non vengono realizzati nuovi campio eolici o fotovoltaici, ma ci si scambia per lo più asset già esistenti. Secondo elemento: i due terzi delle operazioni green field sono avvenute all’estero, a riprova della gelata avvenuta in Italia.
Nella nostra penisola, prosegue la concentrazione del settore: i primi dieci player per potenza in Italia hanno effettuato il 46 per cento degli investimenti, con il 51 per cento della potenza installata. “Sono soprattutto le operazioni che coinvolgono l’eolico a trainare la crescita delle società – spiegano gli esperti di Althesys – sia in termini di operazioni censite sia per capacità. Incidono per il 67,6% di potenza autorizzata e installata nel 2015 (1.624 MW, +58% rispetto al 2014), con 2,4 miliardi di euro di investimenti”. Ma di questi solo il 25 per cento sono avvenuti in Italia, con una taglia media degli impianti di 20 MW.