Ogni cittadino ha un profilo di contribuente che gestisce in autonomia o affida alle competenze del sostituto d’imposta. Certo è che in entrambi i casi può capitare di sbagliare. Gli errori non sono tutti dello stesso tipo e altrettanto di può dire delle sanzioni correlate.
Infatti, esistono ad esempio, le cosiddette violazioni formali, i famosi vizi di forma che non hanno un effetto sulla determinazione della base imponibile sulla quale poi si calcolano le tasse da pagare. In più le sanzioni formali non arrecano pregiudizi all’esercizio delle azioni di controllo da parte dell’Ente finanziario.
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Sicuramente, se l’Agenzia delle Entrate o un altro controllare, dovesse occuparsi delle violazioni sostanziali piuttosto che di quelle formali, si otterrebbe un’efficienza più elevata e una riduzione degli sprechi connessi a questo genere di attività.
L’idea di molti è quella di ribadire che le violazioni formali non sono sanzionabili, perché non modificano il gettito fiscale di un contribuente e poi non sono d’intralcio all’Erario. Esistono ben due errori che si verificano ma non possono essere imputati all’autore della dichiarazione: l’errore sul fatto e l’errore di diritto.
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Il primo è un errore del contribuente che compie una determinata azione sicuro del fatto che non sia vietata per legge. In questo caso con maggiore attenzione, l’errore si può evitare. L’errore di diritto, invece, si lega alla dubbia interpretazione della norma violata da parte di un cittadino.