Andare in pensione prima, anche se con un assegno più basso. A seguito di mesi di dibattiti sotto traccia il governo ha comunicato che con la prossima legge di Stabilità varierà nuovamente l’età per andare in pensione.
Addio alla rigidità della legge Fornero (oggi l’età per la pensione di vecchiaia è di 66 anni e 3 mesi per gli uomini e le donne tranne che per le lavoratrici del settore privato per le quali servono 63 e 9 mesi) in favore di forme di flessibilità con penalizzazioni crescenti dell’assegno quanto più ci si allontana dall’età standard per la vecchiaia.
Insomma si estenderà a tutti, anche a coloro che andranno ancora in quiescenza con il sistema retributivo e a coloro che ci andranno con il sistema misto (retributivo e pro-rata contributivo) l’effetto del calcolo contributivo: se vai prima in pensione, l’ammontare dei contributi che hai versato e che determina la pensione si spalmerà su più anni abbassando il trattamento. Dal punto di vista attuariale “l’operazione flessibilità”, dunque, dovrà essere neutra. E questo potrebbe permettere il via libera della Commissione di Bruxelles ad un allentamento dei vincoli della Fornero. Perché in un primo tempo la modifica dell’età pensionabile produrrà deficit destinato a rientrare però nel lungo termine. La partita, dunque, dovrà essere giocata anche in Europa, come ben sanno sia a Palazzo Chigi sia al ministero dell’Economia. È bene ricordare che la legge Fornero, adottata in un contesto di emergenza finanziaria, consente un risparmio che ammonta a circa 80 miliardi in un decennio.
Finora il governo Renzi si era tenuto alla larga dal tema pensioni. Quando l’ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, ipotizzò un prelievo sulle pensioni d’oro (condiviso dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti), il premier Renzi stoppò subito la discussione. Troppo incandescente, politicamente e socialmente. Ora il quadro è cambiato. E per quel che si è capito il governo pensa di offrire una opportunità in più per chi è vicino all’età attuale della pensione.
Con più di uno scopo: favorire il ricambio generazionale nelle aziende; evitare nuove ondate di esodati; consentire a chi perde il lavoro in età matura di non restare senza stipendio, senza ammortizzatore sociale e senza pensione, fenomento sempre più esteso; permettere, infine, a chi lo voglia (ieri Renzi ha usato l’esempio della nonna abbia desiderio di occuparsi dei nipoti) di lasciare il lavoro per la pensione.