Martin Vlachynsky non ha dubbi: l’euro, il sogno del popolo slovacco fino a dieci anni fa, si è trasformato in un incubo. Se il paese, una volta tornata la democrazia, si è impegnato a fondo per riuscire a raggiungere gli standard richiesti per entrare a fare parte di quello che lo stesso economista definisce come il club dei ricchi, ora la situazione è completamente cambiata e l’affare non sembra più così vantaggioso.
L’economia qui nel nuovo est è cambiata a fondo anche grazie a coraggiose riforme economiche e del sistema bancario, la gente ha acquistato fiducia, gli investitori internazionali anche. Noi slovacchi fummo felici di entrare nell’eurozona, polacchi e cèchi ci invidiavano. Adesso non più.
Sono soprattutto gli obblighi nei confronti degli altri paesi a mettere in dubbio la convenienza per l’economia slovacca dell’entrata nell’Euro:
Quando la crisi del debito sovrano è arrivata qui e in tutto l’est è cambiato il mood. Siamo anche noi slovacchi nel Fesf e nello Esm, ci costa. Polacchi e cechi come svedesi o britannici sono liberi da questo problema. Fesf ed Esm da noi sono molto impopolari. Il reddito medio in Grecia è ancora superiore a quello di molti dei nostri paesi, vada a dire alla gente di aiutarli, o di entrare nell’euro. Il salario medio al centro est va dai 900 euro polacchi agli 800 slovacchi o cèchi. Meno in Ungheria. E’ molto impopolare dire sempre sì alla Bce o a Bruxelles. L’euro non piace più come prima.