Il 53% degli italiani non sente più l’appartenenza all’Unione Europea come un’opportunità di sviluppo, bensì come uno svantaggio. E un italiano su due teme che in futuro non sarà in grado di garantirsi «condizioni di vita dignitose».
Nel contempo l’Europa fatica a uscire dalle sabbie mobili. La crisi la consuma ormai da sei anni.
Nel frattempo l’indagine Ipsos-Publicis “Gli europei e la fine della crisi” commissionata da sei importantissimi quotidiani europei, Sueddeutsche Zeitung, Le Monde, Gazeta Wyborcza, El Pais e il Guardian, vede l’Italia come uno Stato immerso in un pessimismo più accentuato rispetto a quello che affligge i cittadini del resto d’Europa. E due italiani su tre non credono che le ricette adottate per superare la recessione saranno efficaci (nella Ue è il 58%). Il 73% pensa anzi che il nostro Paese ne uscirà «lievemente» o «fortemente» indebolito (contro il 66% della media europea).
Al di là della contingenza, del pessimismo delle prospettive a breve (il 26% pensa che peggioreranno «molto”, il 52% «lievemente») è come se si respirasse ovunque un clima da cambio di paradigma, da «fine dell’eta dell’oro». Soltanto l’Est Europa si salva dalla sensazione – ancora una volta più forte in Italia che negli altri 26 Paesi dell’Unione -. che stia tramontando un’era, che le generazioni future staranno peggio.
Sono cambiate molto anche le abitudini degli italiani, nel corso della Grande crisi. Consumano e sprecano meno. Tuttavia, tirano la cinghia ma non rinuncerebbero mai allo stipendio.