Al momento, la Cina costituisce un problema nella battaglia alla deflazione e i mercati hanno paura che la situazione economica del Paese asiatico sia compromettente per la ripresa globale.
A suscitare nuovamente questi pensieri, con la successiva tendenza a vendere azioni, sono stati i dati sul rallentamento dei prezzi, giunti al 43esimo mese di calo consecutivo. Solo pochi giorni fa era emerso un tracollo delle importazioni, chiaro sintomo di rallentamento della produzione. A settembre, secondo l’ufficio di statistica di Pechino, i prezzi sono cresciuti dell’1,6% rispetto allo stesso mese del 2014, meno del +2% registrato ad agosto e sotto le attese del mercato che stimavano un +1,8%. Su base mensile, l’inflazione è stata pari allo 0,1%.
Anche nel Vecchio continente l’agenda macroeconomica registra i dati sull’inflazione nelle principali economie, con altrettanti segnali di rallentamento. In Francia, i prezzi di settembre sono scesi dello 0,4% su agosto (quando erano cresciuti dello 0,3%), in linea con le attese del mercato. In Spagna è stato confermato il -0,9% annuo del dato preliminare. L’Istat ha rivisto al ribasso per l’Italia la dinamica dei prezzi con un -0,4% mensile e un +0,2% annuo. La disoccupazione in Gran Bretagna, nel trimestre concluso ad agosto, è scesa al 5,4% rispetto al 5,5% del trimestre chiuso a luglio (-79 mila disoccupati): è il livello più basso dal 2008. A livello di Eurozona si guarda all’andamento della produzione industriale: ad agosto è scesa dello 0,5%, mentre nell’Unione a 28 dello 0,3%. Su base annua la produzione è salita dello 0,9% nell’area euro e dell’1,9% nell’Ue.
L’Ocse ha censito per l’Italia un aumento del tasso di occupazione al 56,2% nel secondo trimestre (l’area è al 66,1%), mentre la Germania ha tagliato la stima di crescita del Pil 2015 all’1,7%, dal precedente +1,8%.