All’indomani della conferma delle sue dimissioni, annunciate in primis al Quirinale sabato alle 21 e 30, Mario Monti ne parla, esordendo con una frase che sembrerebbe strappata a un celebre film di Spike Lee:
«Sono convinto di aver fatto la cosa giusta e in ogni caso non potevo farne a meno, dopo quel che è successo. Ma sono preoccupato naturalmente non per me ma per quel che vedo».
Così il Premier spiega agli italiani le ragioni delle sue dimissioni. Spiegazioni date a chi lo ha contattato per un saluto.
Monti non è confuso, ma nel contempo non conosce il suo futuro al termine dell’esperienza di premierato. C’è chi lo vorrebbe nuovamente lì, alla guida tecnica del Paese. Monti, però, sottolinea:
«Se dovessi candidamente dire il mio sentimento oggi, direi che sono molto preoccupato. E non mi riferisco soltanto a quella parte politica da cui è venuto questo epilogo con le mie dimissioni. La mia preoccupazione è più generale».
La decisione di dare le proprie dimissioni successivamente all’approvazione della Legge di Stabilità, è maturata così:
«Ho maturato la decisione proprio durante il volo da Cannes a Roma, ricordando anche cosa aveva rappresentato per l’Italia Cannes lo scorso anno, con quel G8 all’inizio di novembre in cui il nostro Governo fu messo alle strette. La mia scelta, comunque, non ha avuto bisogno di un confronto politico. Non è vero che mi sono confrontato con gli onorevoli Bersani e Casini prima di andare al Quirinale. Non ne avevo il tempo e in qualche modo potrei dire che non ne ho avvertito la necessità. Nel senso che mi era ben chiaro cosa dovevo fare. Ecco perchè non ne ho parlato nemmeno con esponenti del Governo. Ho voluto confrontarmi solo con il capo dello Stato. Poi a cose fatte ho chiamato Bersani e Casini. E dopo anche l’onorevole Alfano».
Chiare e concise, le conclusioni di Monti:
«Io non sento più intorno a me una maggioranza che, sia pure con riserve e magari a malincuore, sia capace di sostenere con convinzione la linea politica e di programma su cui avevamo concordato. Non potevo fare altrimenti. Non sarebbe stato giusto e nemmeno possibile».