Se gli assegni familiari anticipati dal datore di lavoro sono stati corrisposti ad un dipendente in modo erroneo, dovranno essere trattenuti dalla retribuzione, rendendo l’estate un po’ più amara del previsto. Una sentenza mette ordine nella normativa.
Può capitare che il lavoratore percepisca indebitamente degli assegni familiari e che questi siano anticipati dal datore di lavoro per conto dell’INPS. Il datore di lavoro, con un’ultima sentenza che adesso andremo ad analizzare, è tenuto a recuperare le somme versate indebitamente trattenendole dalla retribuzione.
> Che cosa sono gli assegni familiari – ANF
La sentenza di riferimento è la 8873 del 4 maggio 2015 della Corte di Cassazione che ha stabilito quali prestazioni a sostegno del reddito spettano ai lavoratori dipendenti, anche agricoli e domestici, iscritti alla gestione separata, oppure titolari di una pensione o di una prestazione previdenziale.
Il sistema funziona in questo modo: gli assegni familiari sono autorizzati dall’INPS ed erogati dal datore di lavoro. L’autorizzazione è necessaria soprattutto
- quando s’includono nei nuclei familiari anche fratelli, sorelle e altri parenti,
- quando si richieda di duplicare il pagamento per via delle separazione o dei figli naturali,
- quando si debba applicare l’aumento dei livelli reddituali.
Se è capitato che le somme degli assegni familiari siano state erogate indebitamente, il datore di lavoro può recuperare i soldi. La Cassazione specifica che:
Se l’ammontare dei contributi dovuti risulta superiore all’ammontare degli assegni corrisposti, il datore di lavoro provvederà, entro dieci giorni dalla fine di ciascun mese, a versare l’eccedenza all’INPS, e al successivo terzo comma, che se l’ammontare degli assegni corrisposti risulta superiore all’ammontare dei contributi dovuti, l’INPS provvederà a rimborsare l’eccedenza al datore di lavoro.