I giovani italiani conoscono bene la loro situazione lavorativa e previdenziale: il lavoro scarseggia ed è sempre più precario, oltre che mal pagato, e il sistema pensionistico del paese, così come è stato riformato dalla Fornero, non garantirà loro una pensione dignitosa per la loro vecchiaia.
Il problema è che, anche se il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo, ha reso più sostenibile la previdenza per il paese, almeno sul breve termine, le effettive condizioni lavorative dei giovani non permettono di accumulare contributi utili allo scopo. L’allarme sul futuro dei precari e del welfare stesso l’ha lanciato l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che evidenzia la possibile presenza di effetti distorsivi sul lungo periodo.
La situazione è grave a livello globale, ma in Italia la situazione sembra essere particolarmente allarmante. Se, infatti, grazie alla riforma Fornero si è cercato di salvare l’Inps dal fallimento, il passaggio dal retributivo al contributivo mette a rischio il futuro di tutti coloro che oggi sono precari o senza lavoro (ad ottobre 2013 i disoccupati in Italia hanno raggiunto i 3 milioni).
Ciò che potrebbe accadere secondo le previsioni dell’Ocse se il sistema non verrà ridisegnato in base alle nuove esigenze, è che i giovani di oggi, che hanno di fronte una carriera professionale con stipendi più bassi dei loro genitori e anche meno sicura, non arriveranno mai a raggiungere i requisiti pensionistici richiesti per avere una pensione decorosa.
Il problema, secondo l’Ocse, non è solo nella mancanza di fondi da destinare al welfare, ma, in special modo in Italia, è l’età pensionistica troppo bassa e la scarsa inclusione nel mondo del lavoro della fascia di età compresa tra i 55 e i 64 anni.