Dall’inizio dell’estate l’oro ha avuto delle fasi alterne per il suo prezzo: si è passati dal minimo storico di giugno (1.180 dollari l’oncia), quando l’oro ha toccato il livello più basso mai registrato dal 2010, all’ultima settimana che ha visto il prezzo dell’oro crescere esponenzialmente e ha toccato i 1.433,6 dollari l’oncia, prezzo massimo degli ultimi tre mesi.
Questa mattina l’oro era poco sotto ai 1.400 dollari, in lieve rialzo rispetto alla chiusura di ieri sera.
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Questa introduzione è propedeutica per capire quanto detto in questi giorni da Albert Edwards, analista di Société Générale, che ha affermato che il prezzo dell’oro potrebbe arrivare anche a 10.000 dollari l’oncia, un prezzo esorbitante al quale si potrebbe arrivare se non si risolvono in fretta due criticità di importanza capitale: da un lato la crisi siriana e, dall’altro, il crollo che si è registrato negli ultimi mesi anche per le economie sulle quali tutti puntavano, quelle emergenti.
Se la situazione dovesse peggiorare ancora, secondo Edwards, il prezzo dell’oro continuerebbe a salire, come ha fatto nelle ultime settimane (+15% in due mesi), fino a raggiungere il livello estremo dei 10.000 dollari all’oncia.
Accadrebbe se si concretizzasse la possibilità di un attacco Usa in Siria, ma accadrebbe anche se crollassero i mercati emergenti. Edwards sottolinea, infatti, la precarietà delle economie occidentali che sarebbero prese in pieno e contagiate da questa crisi, creando così i presupposti per l’inizio di una nuova recessione globale.
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A creare i presupposti per un rialzo del prezzo dell’oro fino a 10.000 dollari all’oncia sarebbe la deflazione che ne nascerebbe, capace di spostarsi velocemente dall’Asia all’Europa e agli Usa.