Oro, gli investimenti ripartono dalla Francia

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Il metallo giallo, così come il petrolio, sta attraversando un periodo di profonda crisi. Rappresenta, a dirla tutta, l’emblema della crisi delle materie prime.

Si cercano, dunque, soluzioni per ripartire e ottenere una risalita sui mercati. Da dove ricominciare? Gli investitori puntano tutto sulla Francia, Paese in cui è scattata una sorta di corsa all’oro. Dozzine di domande per le licenze di estrazione sono state consegnate al ministero dell’Ambiente che, di concerto con quello dell’Industria e dell’Economia, ha deciso di aprire una nuova stagione per la ricerca del vecchio, caro metallo rimasto incastrato tra gli strati del sottosuolo.

Sei delle richieste sono già state accordate. Sono inerenti i vecchi siti minerari chiusi 25 anni fa in Bretagna, nel Massiccio Centrale, nella Sarthe, l’Anjou, la Creuse e la Loira Atlantica. Regioni della Francia rurale che a parere degli esperti dell’Ufficio delle ricerche geologiche e minerarie (Brgm) conservano ancora filoni di oro mai strappato alle viscere della terra.

Le licenze concesse hanno cinque anni di validità e possono essere rinnovate per altre due volte: il tempo necessario a svolgere dei sondaggi e dei carotaggi fino a 300 metri di profondità su una superficie che si estende per un raggio di 400 chilometri.

Non si tratta di una scelta improvvisata, magari sospinta dalla crisi che anche qui attanaglia le industrie minerarie. E’ stato lo stesso governo a sollecitare le domande convinto che il vecchio Esagono, come è chiamata la carta geografica francese, possa ancora nascondere delle vene aurifere mai sfruttate. Dietro questa nuova professione di tipo industriale, alleggiano una precisa volontà politica e la certezza geologica che il sottosuolo sia ancora “ricco e paradossalmente ancora inesplorato”, come afferma Jean-Claude Guilleneau, direttore del Brgm.

 

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