Il FMI ha deciso di includere lo yuan, la moneta cinese, nel suo paniere delle valute di riserva (SDR, Special Drawing Right). In questo momento del paniere fanno parte il dollaro statunitense, l’euro, la sterlina e lo yen giapponese.
Il Fondo monetario internazionale, ogni cinque anni cerca di capire se ci sono nuove valute da inserire nel paniere. L’ultima volta che si era analizzata una nuova situazione era il 2000 quando l’euro aveva preso il posto di franco francese e marco tedesco. E prima ancora, una revisione del paniere si era avuta nel 1981 quando il numero delle valute nel paniere era passato da 16 a 5. La decisione era data quasi per certa da moltissimi analisti e avrà effetto a partire dall’1 ottobre 2016.
Perché proprio lo yuan
Negli ultimi anni la Cina ha consolidato la sua posizione di importante economia mondiale e ha fatto passi avanti per liberalizzare i suoi mercati. È anche vero che durante le difficoltà finanziarie di quest’estate alla borsa di Shanghai, il governo ha limitato le libertà di molti investitori e vietato ai grandi azionisti di vendere le loro quote in aziende nazionali, almeno per un certo periodo di tempo. Nonostante tutto secondo la Lagarde, lo yuan soddisfa comunque i criteri per essere incluso nel paniere.
Chi subirà questa scelta?
La spiegazione del Post è chiara:
La valuta che più di tutte subirà la decisione dell’FMI è l’euro. Prima di tutto perché è la moneta che subirà la maggiore riduzione di quota nel paniere: oggi l’euro conta per il 37,4 per cento, il dollaro per il 41,9 per cento, la sterlina per l’11,3 e lo yen giapponese per il 9,4. Dal 1 ottobre 2016 le quote verrano distribuite per lasciare spazio allo yuan: 41,73 per cento il dollaro, 30,93 per cento l’euro, 10,92 lo yuan, 8,33 lo yen e 8,09 la sterlina.
Finora l’euro è stata considerata la valuta alternativa al dollaro: chi deteneva grandi quantità di denaro in dollari, quando le cose per il dollaro si mettevano male, le convertiva in euro. Il rischio è che dopo il riconoscimento dell’FMI lo yuan prenda il posto dell’euro nella composizione dei bilanci delle grandi banche, e quindi perda influenza (e potenzialmente valore, a lungo termine).