Quando una banca di limitate dimensioni come Espirito Santo riesce a causare i sobbalzi cui si è assistito sui mercati finanziari, si capisce bene quale assurdo sistema sia stato creato.
Per quel che riguarda l’ azionario e il mercato del debito fisso si è ancora molto lontani dai livelli del 2011-2012, ma analisti, autorità politiche ed economisti si chiedono nuovamente se i problemi della crisi del debito dell’Eurozona siano stati risolti o meno. Gary Jenkins di LNG Capital, ad esempio, sostiene che ci sia ancora necessità di una riforma integrale del sistema finanziario. Intanto la notizia positiva è che non sta scoppiando un’altra crisi finanziaria. Il timore in cui l’Europa era stata buttata nel 2011 e 2012 era tutta altra storia.
Un rialzo di 40 punti base in una sola settimana ha portato i rendimenti sui bond portoghesi a cinque anni poco sopra del titolo pari americano. A preoccupare sono i fondamentali economici dell’area periferica troppo distanti dalla realtà che desiderano far credere i mercati finanziari. La domanda da porsi in questo momento è se il caso specifico di Espirito Santo, che ha preso in prestito 1,15 miliardi di euro con soli 17,6 milioni di fondi cuscinetto di garanzia, persuaderà gli investitori a riesaminare le loro strategie e superare il loro compiacimento in merito ai rischi dell’area.
La storia di Espírito Santo è che ha messo nuovamente in luce il problema fondamentale dell’unione bancaria in Europa: se non c’è un credibile piano B di salvataggio – se si lasciano da parte le promesse di Draghi – i mercati non potranno mai essere realmente tranquilli.