Il datore di lavoro, secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 2679 dell’11 febbraio 2015, può sostituire le pause dal videoterminale, obbligatorie per i dipendenti che trascorrono molto tempo continuativamente davanti al PC, con mansioni diverse che non prevedano l’uso del computer.
A dirlo è una sentenza della Corte di Cassazione, la numero 2679 dell’11 febbraio 2015: i datori di lavoro possono sostituire le pause dal videoterminale con mansioni che non comportano l’uso del computer. Le pause dal videoterminale sono obbligatorie per quei lavoratori che trascorrono tempo davanti al PC in maniera continuativa. Il caso analizzato dalla Cassazione è stato quello di un dipendente di Telecom Italia.
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Di regola, per le norme sulla sicurezza sul lavoro, ogni 120 minuti (due ore) trascorse davanti al computer, si dovrebbe osservare un quarto d’ora di pausa.
Al dipendente di cui è stato analizzato il caso, erano state negate le pause e l’azienda si era difesa dicendo che il dipendente, di fatto, svolgeva anche altre mansioni, compiti di back-office che non richiedevano l’uso del PC e questo aveva convinto l’azienda a non concedere le pause da video terminale. In primo grado i giudici avevano però dato ragione al dipendente costringendo l’aziende al pagamento di un indennizzo di 4000 euro. Il ricorso dell’azienda ha dato ragione a quest’ultima.
La vicenda era comunque avvenuta negli anni Novanta, quando valeva la legge 626 e la contrattazione collettiva o aziendale doveva stabilire le modalità d’interruzione del lavoro da videoterminale. La Cassazione spiega:
Ha accertato che nella fattispecie non sussisteva la continuità dell’applicazione al videoterminale e che, peraltro, lo svolgimento, seppur in maniera minore, dell’attività amministrativa nella stessa giornata comportava un cambiamento di attività, idonea a integrare la prevista interruzione.