Il governo Renzi dovrà trovare dodici miliardi dal bilancio dello Stato per la manovra d’autunno. Si parla dell’intenzione di rivedere il sistema dei trasferimenti alle imprese pubbliche come Fs, Poste e le aziende di trasporto locale, di rivedere le partecipate che pesano sul bilancio di Comuni e Regioni. Ma per raggiungere cifre come quelle di cui il governo necessita serve un impegno eccezionale. Per vederli nel reale, alcuni tagli richiedono tempo. Inoltre, se non si interviene su altre voci di spesa le cifre non ci saranno comunque. L’Europa non può mutare lo scenario: per finanziare la conferma del bonus da ottanta euro e il taglio dell’Irap servono almeno dieci miliardi, niente a che vedere con l’impegno ulteriore che l’Europa chiede all’Italia per ridurre il debito. E si comincia a parlare anche di interventi diversi, come il taglio delle agevolazioni fiscali e delle pensioni più alte.
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Della prima ipotesi si dice che si comincerà dalle voci meno sensibili: dalla cancellazione delle agevolazioni fiscali per le spese cimiteriali a quelle per le spese veterinarie e le palestre. La seconda è stata supposta pubblicamente da due ministri – Padoan e Poletti – e potrebbe consistere in un taglio della pensione a tutti coloro che hanno un assegno calcolato per mezzo del sistema retributivo superiore a una certa soglia.
Intanto a Palazzo Chigi e al Tesoro c’è prudenza. Ma è anche vero che Renzi una ipotesi pronta ce l’ha da più di un anno. È stata fatta da uno dei suoi consiglieri, Yoram Gutgeld. L’idea è di chiedere un contributo di solidarietà del 10 % e un blocco della indicizzazione biennale a chi percepisce una pensione con il sistema retributivo superiore ai 3.500 euro al mese.