Tiene banco la questione ‘pensioni d’oro’. In questo momento presidenza del Consiglio e Ministero dell’Economia stanno discutendo apertamente per l’emendamento alla Legge di Stabilità.
Tale emendamento dovrebbe fissare un limite all’aumento delle pensioni parzialmente contributive, introdotte con la Riforma Fornero per ogni lavoratore. Il Governo vuole evitare che gli assegni siano troppo generosi per le alte cariche dello Stato, le quali sono in attività spesso fino ai 70 anni e accumulano una sostanziosa contribuzione aggiuntiva.
L’emendamento per eliminare le pensioni d’oro è stato presentato in commissione Bilancio della Camera, ma così com’è non piace a tutti. Secondo alcuni la nuova norma, risultato di un “blitz all’ultimo secondo” del Mef, si occuperebbe solo delle eventuali pensioni d’oro in liquidazione a partire dal 2015, senza intervenire su quel che è accaduti nei tre anni trascorsi dall’entrata in vigore della legge Fornero. Gli esperti avvertono:
La questione però potrebbe essere ancora più complicata. Il nodo è il passaggio per tutti i lavoratori al sistema di calcolo contributivo: per gli anni di lavoro dal 2012 in poi la pensione viene calcolata con questo metodo. Anche per chi avendo già raggiunto i 40 anni di anzianità può così incrementare l’assegno futuro, cosa impossibile con il vecchio sistema retributivo che poneva appunto un tetto in corrispondenza dei 40 anni. Il testo dell’emendamento riproduce la clausola contenuta in una prima versione della riforma, e poi espunta, che escludeva esplicitamente la possibilità di trattamenti pensionistici più alti di quelli calcolati applicando le precedenti regole. Ma aggiunge che va computata ai fini ai fini della determinazione della misura del trattamento, l’anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della prestazione stessa.