Sono numerosi i nodi che devono essere sciolti per quanto concerne il fronte previdenziale inerente decine di migliaia di lavoratori. Esodati, ricongiunzioni e perequazione automatica. Queste sono alcune delle voci che vanno esaminate in maniera urgente. Quella degli esodati, unita al dicorso che verte su ricongiunzioni, totalizzazioni e perequazione automatica, è infatti soltanto una delle questioni che il nuovo esacutivo guidato dal Premier Letta ha avuto in ‘omaggio’ dalla gestione precedente.
Siamo dunque di fronte a questioni di elevata caratura sociale. Questioni che, infatti, influenzano in maniera determinante il potere d’acquisto dei pensionati o di coloro che, anche pensando di aver diritto ad una pensione, hanno visto tale diritto sparire quasi all’improvviso per via delle modifiche normative apportate dal Parlamento con il Dl 201/2011 e le precedenti manovre estive.
Esodati
Per quanto concerne gli «esodati» la legge sulla stabilità 2012 ha inserito alcune modifiche, allargando ad altri diecimila lavoratori la possibilità di avere ingresso al pensionamento in base alle regole che hanno preceduto la riforma «Monti-Fornero», e sborsando più di 500 milioni di euro per far fronte, tra il 2013 e il 2020, al pagamento delle pensioni dei lavoratori interessati.
In totale, tra finanziamenti disposti dalla legge n. 214/2011, di conversione del Dl n. 201/2011 («Salva Italia»), in parte modificati dalla legge n. 14/2012, di conversione del Dl n. 216/2011 («Milleproroghe»), poi aggiunti dalla legge n. 135/2012, di conversione del Dl n. 95/2012 («Spending review»), e infine dalla legge n. 228/2012 (Legge di stabilità 2013), il Parlamento ha erogato circa 10 miliardi di euro, per finanziare il pagamento delle pensioni di circa 130mila «esodati», nel periodo compreso tra il 2013 e il 2020.
Per fare in modo che le norme di legge finalizzate alla salvaguardia dei diritti pensionistici dei lavoratori «esodati» vengano applicate, sono stati necessari tre decreti ministeriali attuativi: il «Dm 1° giugno 2012», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2012, che stabilisce le modalità operative per il pensionamento di 65.000 lavoratori, e il «Dm 8 ottobre 2012» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 gennaio 2013, che detta le medesime modalità relativamente ad altri 55.000 lavoratori e il Dm 22 Aprile 2013 che stabilisce la disciplina per ulteriori 10.130 lavoratori
Per quanto riguarda i primi dei due decreti, tali modalità si sono rivelate assai farraginose, al punto che il Ministero del lavoro sta ancora provvedendo al monitoraggio delle domande presentate dai lavoratori alle Direzioni territoriali del lavoro, che saranno successivamente inviate all‘Inps per la compilazione della graduatoria dei lavoratori aventi diritto. Per effetto di tale mancata definizione, ci sono lavoratori che, pur avendone effettivamente diritto, non possono ancora vedersi liquidata la pensione. Altri invece hanno già ricevuto la comunicazione di essere nel contingente.
Quanti sono gli esodati?
Il succedersi di norme è stato molto spesso accompagnato da polemiche, nello specifico causate dalla circostanza che il decreto “Salva Italia”, per via delle frettolosità della sua emanazione e conversione in legge, non aveva completamente contemplato l’esatto numero di tutti i lavoratori che potessero essere considerati «esodati». Ancora oggi questo numero non è del tutto chiaro, oscillando tra stime minimali 200.000, e massimali di 300.000 lavoratori ma comunque ben oltre la cifra attualmente oggetto della salvaguardia (130mila persone). Se le cose sono così, rimangono da emanare ancora norme che consentano di ammettere al pensionamento, secondo le regole previgenti la riforma «Monti-Fornero», un numero di lavoratori oscillanti tra 70.000 e 170mila.
I programmi di quasi tutti i partiti che supportano il governo di “salvezza” nazionale guidato da Enrico Letta sembrano orientati a risolvere una volta per tutte il problema ma ancora ad oggi non è dato sapere se e in che misura il governo interverrà.
Perequazione
Altro problema ereditato dal Governo Letta: il blocco della perequazione. Nello specifico, per il 2013 rimane vigente il blocco della perequazione automatica delle pensioni di importo che supera tre volte il trattamento minimo: si tratta di pensioni di importo di poco inferiore a 1.500 euro al mese, che già lo scorso anno non hanno usufruito dell’aumento base pari al 2,7%, e che quest’anno non vengono incrementate nella misura base del 3%.
Per capire meglio la portata della norma occorre considerare che l’85% delle pensioni Inps erogate dall’Inps nel 2012 non oltrepassava la somma di 1.500 euro al mese. Di fronte a tale cifra, è evidente che non si possono considerare pensioni «d’oro» quelle di importo non molto superiore a tale soglia, tanto più che si tratta di importi al lordo delle ritenute fiscali.
Anche se è complicato individuare il livello «dell’asticella pensionistica» sopra la quale imporre sacrifici ai pensionati, non si può non tenere in considerazione, per esempio, che si sarebbe potuta prevedere una diversa modulazione del blocco dell’aumento perequativo, stabilendo a priori una percentuale gradualmente diversificata in ragione del progredire dell’importo pensionistico, salvaguardando in tal modo una più ampia area di ceti che dispongono della pensione come unico reddito fisso.
La legge di stabilità 2013 sembra essere diretta al punto di elevare ‘il livello’, prevedendo una norma in applicazione della quale nel 2014 la rivalutazione automatica non sarà applicata sulle fasce di importo pensionistico superiore a sei volte il trattamento minimo: si tratta di poco meno di 3.000 euro al mese.
Questa norma, di fatto, stabilisce che nel medesimo anno 2014 l’aumento perequativo automatico non sarà corrisposto sui trattamenti vitalizi erogati alle persone che hanno ricoperto, o ricoprono, cariche elettive regionali e nazionali: in questo caso il blocco perequativo opera su tutto il trattamento, senza che sia prevista alcuna «asticella».
Ricongiuzione e totalizzazione
La legge di stabilità del 2013 si esprime anche in merito alla ricongiunzione e alla totalizzazione dei periodi contributivi. Per quanto concerne la ricongiunzione sono chiari i termini del problema.
Gli oneri sono eccessivi, in parte derivanti anche da una nonna emanata nell’estate del 2010 che, abrogando una legge del 1958, ha cancellato la possibilità di costituire gratuitamente la posizione assicurativa presso l’Inps da parte di persone che avevano lavorato per pochi anni nel pubblico impiego senza aver maturato il diritto a pensione in tale forma lavorativa.
La legge «di stabilità 2013» ha affrontato in parte il problema prevedendo che i lavoratori, appartenenti alle quattro Casse pensionistiche poi confluite nell’Inpdap, già interessati dalla norma abrogata, che abbiano cessato l’attività lavorativa entro il 30 luglio 2010, possono, a domanda, costituire la posizione assicurativa presso l’assicurazione generale obbligatoria dell’Inps, «Mediante versamento dei contributi determinati secondo le norme della predetta assicurazione». L’ammontare dei contributi viene poi portato in detrazione dell’eventuale «indennità una tantum»: è comunque esclusa dalla legge la possibilità di percepire arretrati pensionistici.