Conclusosi (bene) il capitolo riguardante la rivalutazione delle pensioni, l’esecutivo di governo guidato da Matteo Renzi è al lavoro per consentire una maggiore flessibilità e permettere nello specifico ai lavoratori di andare in pensione prima dei 66 anni, soglia fissata dalla riforma Fornero di fine 2011.
Inoltre la stessa legge Fornero contempla la flessibilità già per il lavoratori del retributivo (tra l’1 e il 2%): la riduzione è pari all’1% per ciascuno degli ultimi due anni che mancano al compimento di 62 anni e del 2% prima dei 60 anni. La riduzione concerne quei lavoratori con 42 anni e 6 mesi di contributi (41 anni e 6 mesi per le donne).
La legge Fornero, di fatti, permette l’accesso alla pensione anticipata a qualsiasi età ma, per disincentivare un pensionamento troppo precoce, ha messo in atto un meccanismo di penalizzazione.
Ma quest’ultima è stata tolta proprio dallo stesso Premier con la la legge di stabilità 2015 prevedendo che, “con effetto sui trattamenti pensionistici decorrenti dal 1º gennaio 2015 le disposizioni in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017”
Quindi del gennaio 2015 fino a fine 2017 chi ha oltre 42 anni di anzianità contributiva può accedere alla pensione anticipata anhe prima dei 62 anni senza penalizzazioni (solo i periodi di prestazione effettiva da lavoro, insieme a quelli individuati nel decreto stabilità, risulteranno utili).
Dal primo gennaio 2018 tornerà, successivamente, il requisito minimo di 62 anni di età. Quindi i lavoratori che raggiungeranno i requisiti contributivi a partire dal 1° gennaio 2018 subiranno il taglio dell’1-2% sulle quote retributive della pensione in assenza del requisito dei 62 anni, come prevedeva la norma Fornero.
Mentre le proposte allo studio prevedono un’inasprimento di questa decurtazione.