L’Italia sicuramente ce la farà ma sui tempi però c’è incertezza. Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrysler, lo afferma poco dopo la doccia fredda dell’Ocse sull’Italia, che ha tagliato la stima sul pil a -0,4% nel 2014. «Ce la faremo, quando non lo so», dichiara a poco più di una settimana dalla visita del premier Matteo Renzi a Detroit.
«Si è offerto al Festival di Trento» di venire a Detroit e «sono più che disposto a fargli vedere la realtà di Fiat Chrysler, descrivere il processo di risanamento dell’azienda. Sono disposto anche a presentargli i sindacati americani» ha evidenziato Marchionne dopo la consegna di un premio, datogli dall’Institute of International Education.
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Negli ultimi cinque anni Fiat e Chrysler di strada ne hanno percorsa, e adesso si apprestano a sbarcare a Wall Street, il 13 ottobre. «Ci sono molte sfide nel forgiare un’organizzazione internazionale, nessuna maggiore dell’integrazione culturale basata sul mutuo rispetto» dice. «La mentalità aperta che arriva da persone sparse per il mondo che lavorano fianco a fianco in uno spirito di cooperazione» è uno dei valori più rilevanti e più vigorosi di Fiat Chrysler.
Poi ritorna sul contesto italiano. «Non vedo le cose migliorare a breve termine. L’unica cosa che può creare crescita sono gli investimenti. Non riusciamo ad attirare abbastanza capitali esteri» afferma. Negli Stati Uniti la condizione è diversa: hanno ripreso a crescere dopo la crisi del 2008, precisa.
Una diversità percepibile anche nelle start up. «Il concetto di start up in Italia non mi piace molto, vengono imposti limiti. Qui invece si riescono a creare le cose dal nulla» dichiara Marchionne, rispondendo a chi gli domandava della visita di Renzi nella Silicon Valley, `paradiso´ delle start up.