Il primo trimestre del 2014, chiusosi ieri, ha presentato non poche sorprese, rispetto ad un consenso che si aspettava buone performance dall’Equity dei paesi sviluppati, tassi in rialzo in US e EU e un dollaro forte contro € e Yen. Un colpo di reni finale ha permesso all’indice globale dei paesi industrializzati (MSCI DM) di chiudere in positivo (+0.7%), ma le performance di Wall Street (+1.3%) e Europa (+2.6%) costituiscono il peggior esordio rispettivamente dal 2009 e dal 2011, mentre il Nikkey, tra gli indici visti con maggior favore a inizio anno, ha offerto un ritorno significativamente negativo (-9.2%).
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Gli emergenti, che erano considerati l’unico comparto equity da evitare, hanno perso solo lo 0.8%, grazie a un robusto recupero negli ultimi giorni di marzo spiega Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr . Le commodities, snobbate dai più dopo il brutto 2013, hanno offerto ritorni più che accettabili in aggregato (CRB +8%). Nemmeno i tassi di interesse hanno dato grosse soddisfazioni , scendendo di 35 basis points in Europa (bund 10y) e di 25 bps in US (treasury 10y) a fronte di un consenso che li vedeva salire.
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Per non parlare del dollaro, che avrebbe dovuto recuperare conto le altre divise in virtù di un’ economia più robusta ed una politica monetaria più restrittiva, ed invece ha terminato in pari contro l’€ e addirittura ha perso contro Yen (-2%), la divisa da cui è tuttora attesa la svalutazione più forte. Solo i mercati periferici hanno mantenuto le promesse, in alcuni casi superandole: i listini di Milano, Atene e Lisbona hanno tutti offerto performance a 2 cifre, e i rispettivi governativi hanno visto spread e rendimenti collassare a Q1 (btp, bonos e PGB rispettivamente di 35, 50 e 145 bps di spread vs bund).