Si discuterà a lungo del vertice austriaco tenutosi ieri a Vienna tra i rappresentati dei principali Paesi produttori di Petrolio. Il cartello dell’Opec ha deciso, infatti, di non procedere ad una diminuzione della produzione di petrolio malgrado in questo periodo storico i prezzi al barile siano in caduta libera.
A vincere è il team composto da Arabia Saudita, Iran e Russia (anche se quest’ultimo Paese godrebbe molto più di un taglio della produzione). Ma perché l’Opec ha deciso di non tagliare la produzione di petrolio? Secondo gli esperti questa decisione sarebbe di fatto una strategia per indebolire gli Stati Uniti, i quali stanno conoscendo un periodo ricchissimo in virtù dell’innovativo metodo di estrazione che risponde al nome di ‘Shale Oil’. L’America, infatti, in virtù di questa nuova e costosa tecnologia (fracking) si augura di dipendere sempre di meno dai mercati stranieri per il suo fabbisogno di petrolio. Il nuovo metodo, tuttavia, è come detto particolarmente esoso. E’ questo, allora, il senso della decisione presa giovedì sera in Austria dall’organizzazione che raccoglie i maggior produttori al mondo, esclusa la Russia che però ha visto di buon occhio la scelta saudita in funzione anti-americana. Gli esperti sostengono:
Il nuovo metodo made in Usa risulta conveniente solo se il greggio non scende sotto una certa soglia, a 60 dollari al barile. La decisione, che diversi analisti consideravano scontata, ha avuto un immediato effetto sui mercati, dove Brent e Wti sono crollati ai minimi dal 2010. La riunione dei dodici Paesi aderenti al Cartello si è dunque conclusa, come recita il comunicato ufficiale, con la decisione di mantenere la produzione a 30 milioni di barili al giorno e con l’obiettivo di “riportare il mercato all’equilibrio”: il tetto, ha aggiunto il segretario generale Abdalla Salem El-Badri, verrà rispettato per i prossimi 6 mesi. La prossima riunione dell’Opec è stata infatti fissata per il 5 giugno.