Il prezzo del petrolio è troppo basso. Attualmente, secondo gli esperti, compagnie petrolifere stanno affondando progetti da 1.500 miliardi di dollari, dal momento che a queste condizioni non sono economicamente sostenibili.
Visto l’attuale livello di prezzo – stagnante intorno a quota 50 dollari al barile e con poche prospettive di ripresa nel breve-medio periodo -, anche molti progetti riguardanti lo shale nordamericano risultano ormai “out of the money”, cioè no vantaggiosi economicamente.
Secondo gli operatori del comparto, gli investimenti in nuovi progetti subiranno una decurtazione del 20 o 30 per cento: secondo Wood Mackenzie, da quando i prezzi hanno iniziato a scendere nella scorsa estate già sono stati tagliati 220 miliardi di dollari di progetti, una ventina più di quanto stimato una paio di mesi or sono. Dopo il timido recupero primaverile, l’insieme di rallentamento cinese, produzione record negli Usa e decisione dell’Opec di mantenere i livelli di produzione nonostante il calo della domanda, è tornato a metter pressione sui prezzi. Ora i corsi sono a meno della metà rispetto alla primavera del 2014 (115 dollari al barile allora).
Anche il Nordamerica, come detto in precedenza, non è stato immune dai tagli: anzi l’industria dello shale è una dei protagonisti del -45% di investimenti registrati nella regione. Tra i settori maggiormente colpiti, quelli gli analisti indicano i contractor che producono servizi per le major, occupando una buona parte di manodopera e fornendo le attrezzature necessarie allo sviluppo e al mantenimento dei pozzi. Il report ricorda infatti che i libri ordini di queste società hanno subito importanti contrazioni dall’ultimo quarto del 2014.