Giusto in tempo. E’ notizia di poco fa che il Governo ha dato il via libera al piano nazionale di riordino dei cieli italiani, anche se manca ancora l’intesa finale con la conferenza Stato-Regioni.
L’intento è quello di ridurre la frammentazione tra i diversi scali presenti sul suolo italiano (in totale 112 di cui 11 destinati a soli scopi militari) e favorire un processo di riorganizzazione, atteso da almeno trent’anni. Ora c’è da attendere la risposta della Conferenza Stato-Regioni, ma il processo per il quale il provvedimento possa trasformarsi in decreto potrebbe essere piuttosto difficile.
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Il piano proposto dal Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture prevede che in Italia si creino almeno due categorie di aeroporti, quelli di serie A (31 in tutto: Bergamo, Bologna, Genova, Milano Linate, Malpensa, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino, Torino, Venezia, Alghero, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Lamezia Terme, Olbia, Pisa, Roma Ciampino, Trapani, Treviso, Verona, Ancona, Pescara, Reggio Calabria, Trieste Lampedusa, Pantelleria, Rimini e Salerno) i quali rimarranno sotto concessione nazionale e sarà lo Stato ad occuparsi del loro mantenimento e ammodernamento; e quelli di serie B, i quali non riceveranno nulla dallo Stato ma dovranno mantenersi con le loro forze e saranno gli enti locali a doversene fare carico.
Il piano, quindi, non prevede la costruzione di nessun nuovo scalo (compresi quelli di Grazzanise e Viterbo) e quelli che rimangono fuori dall’intervento statale sono nelle mani delle regioni o dei rispettivi enti locali, i quali potranno decidere se chiuderli, mantenerli o destinarli ad altro utilizzo.