Si ferma il nucleo delle acciaierie di Piombino. L’altoforno non sarà più alimentato, e il gigante simbolo della città toscana sottostarà a un periodo di riposo forzato. Non è la prima volta che accade ma questa volta la preoccupazione dei lavoratori e della città è più forte che mai. Il futuro dello stabilimento e quindi di migliaia di famiglie sono attaccate a un filo. Nell’ immediato l’impatto negativo verrà attenuato con l’utilizzo di contratti di solidarietà, ma per avere certezze bisognerà aspettare il 30 maggio, giorno di scadenza della presentazione delle offerte vincolanti per l’acquisizione dello stabilimento.
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La città operaia per eccellenza in Toscana, ha già subito parecchi contraccolpi: con il disimpegno del magnate russo Alexei Mordashov, Lucchini è dal 2012 in amministrazione straordinaria. La brochure di presentazione dell’impianto parla di uno dei «più dinamici e diversificati produttori italiani di acciaio, leader europeo nei prodotti lunghi in acciai speciali e ad alta qualità». La realtà è più difficile. Dopo l’offerta d’acquisto fatta dal gruppo Smc del magnate arabo Khaled al Habahbeh, oggi, potrebbe avere la meglio quella della società indiana Jsw. Smc group, in cui i lavoratori avevano sperato molto per la volontà manifestata dal suo presidente di tutelare l’occupazione e l’altoforno acceso, sulla sua pagina facebook, rende nota una conferenza stampa di presentazione per il 15 maggio dopo aver spiegato, il 9 aprile scorso, di aver partecipato ad un bando per l’acquisizione del gruppo Lucchini. Prevista una nuova mobilitazione dei lavoratori che terranno un’assemblea davanti alla fabbrica.