La produzione industriale cinese è scesa a gennaio al livello più basso degli ultimi sei mesi dando ulteriore conferma del rallentamento della seconda economia mondiale. I dati sono stati divulgati dal governo di Pechino secondo cui l’indice Purchasing Manager Index (Pmi), ritenuto un indicatore attendibile dell’andamento della produzione industriale e calcolato dalla Federazione della logistica e degli acquisti, organizzazione governativa, si è attestato a 50,5, dopo il 51 di dicembre e il 51,4 di novembre.
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Il livello è ancora positivo (una cifra superiore a 50 indica un’espansione dell’attività manifatturiera), ma preoccupa il rallentamento cinese soprattutto se le autorità non fossero in grado di evitare l’esplosione di una bolla immobiliare, anche se, secondo alcuni operatori più ottimisti, questo rischio non dovrebbe esserci ed il raffreddamento voluto dalla Cina dovrebbe essere guidato in maniera da evitare ripercussioni sui mercati. I dati sulla domanda di petrolio nelle aree maggiormente industrializzate (indicatore della crescita economica) segnalano che gli Stati Uniti hanno superato per la prima volta dal 1999 quella della Cina nel 2013.
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Stando ai dati diffusi dall’International Energy Agency, la richiesta americana è aumentata lo scorso anno di 390.000 barili al giorno, o il 2%, invertendo un trend che si protraeva da anni. La domanda cinese è invece salita di 295.000 barili al giorno, l’aumento più basso degli ultimi sei anni. Lo stesso Fondo monetario mette in guardia dai rischi di una crisi dei paesi emergenti che non hanno «ancora completato il loro aggiustamento a condizioni esterne più volatili e premi di rischio più elevati».