Il Governo guidato da Matteo Renzi vuole procedere in maniera serrata, a ritmo di una riforma al mese. Riforme che riguardano principalmente il mondo del lavoro, ma che sono anche inerenti ad altri dossier. In primo luogo, come sottolineano dal ramo – Economia della direzione del Pd, l’obiettivo è incentivare le imprese ad assumere.
Sul piano normativo verrà introdotto un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti: per i primi tre anni viene sterilizzato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori con l’obbligo al reintegro, sostituito con un’indennità risarcitoria proporzionata al periodo lavorato, accompagnata dal sostegno alla ricollocazione tramite le politiche attive. Si sta ragionando anche di introdurre una retribuzione minima garantita per tutelare i redditi dei lavoratori esclusi dalla contrattazione. Quanto alla flessibilità in entrata, a seconda di come sarà declinato il contratto di inserimento, si ipotizza un intervento sul contratto a termine per estendere la cosiddetta acausalità fino a 36 mesi.
Si potrebbe lasciare la normativa invariata se verrà generalizzata l’applicazione del contratto di inserimento a tutele crescenti, invece di applicarlo al solo primo contratto o ai soli giovani under 35 anni.
Il Jobs Act tuttavia è ancora in fase embrionale e una volta completato si porrà anche il problema di se e come riaccordarlo con proposte presentate dalle altre gambe della possibile maggioranza, come quella che reca la firma dell’ex Ministro Maurizio Sacconi (del Nuovo centro destra) e del giuslavorista di Scelta Civica Pietro Ichino.
Nel mirino del piano delle riforme annunciate dal Premier Renzi c’è anche la Pubblica Amministrazione e, nello specifico, la dirigenza con l’obiettivo di superare l’attuale assetto statico, introducendo incarichi non superiori ai 5 anni con l’obbligo di mobilità interamministrativa. La regola è che in ogni caso nessun dirigente deve restare nella stessa amministrazione per più di dieci anni.