Fonti vicine a Renzi affermano che quando parla di «riscrittura» dello Statuto dei lavoratori non pensa a smantellare il testo scritto nel ’70. Così come non pensa ad abolire l’articolo 18 per chi è già nel mondo del lavoro. Innescare uno scontro con i sindacati e dividere la maggioranza è l’ultima cosa che serve in questa fase delicata. Quel che ha in mente Renzi, dicono i collaboratori che gli sono vicini, è scritto nero su bianco nei 5 articoli della delega che Palazzo Chigi mira ad accelerare e a far approvare dal parlamento entro fine settembre. Una tempistico necessaria per far partire i decreti delegati non più tardi della conclusione dell’anno per arrivare così alla ultimazione del Jobs act non più tardi di marzo 2015.
> INPS – Domanda di intervento del Fondo di Garanzia per il pagamento del TFR e dei crediti da lavoro
Renzi ha in mente un progetto molto articolato ed ambizioso. Con la riforma del lavoro mira a quella che viene definita «flessibilità incentivante». Un principio possibile con la semplificazione e la diminuzione dalle decine di forme contrattuali esistenti ad un massimo di 5 o 6. Tra le quali la base (oltre all’apprendistato e al contratto a termine già in vigore) è il contratto a tutele decrescenti. Una forma di assunzione che bloccal’articolo 18 (ma restano le garanzie contro l’allontanamento discriminatorio) per tre anni per i nuovi ingressi. Ma che, secondo Renzi, è un buon compromesso («Confindustria accetterà questa impostazione» dice ) tra il bisogno di tutelare il lavoratore e la necessità di lasciare liberi gli imprenditori, che potranno, nei primi tre anni dopo l’assunzione, licenziare il lavoratore dandogli una serie di indennizzi (tra i quali 2 giorni di paga per ogni mese di lavoro ) adeguati alla durata dell’impegno maturato in azienda.