Ci sono dei casi in cui un cittadino, pur dovendo partecipare ad un procedimento penale o comunque dovendo pagare delle spese obbligatorie, non ha a disposizione i soldi necessari per il saldo, o almeno questo è quello che si evince dalla dichiarazione dei redditi.
Insomma, ci sono tanti cittadini che per l’Erario e per lo stato risultano nulla tenenti e per questo possono chiedere l’accesso al patrocinio a spese dello Stato. La legge però, quando parla di regole per l’ammissione a questo beneficio, porta in campo il concetto di reddito famigliare.
Oggi si sa, la composizione dei nuclei famigliari è un po’ cambiata e capita sicuramente di trovare molte coppie conviventi o famiglie di fatto, allargate a genitori soli. E’ questo il caso preso in esame dalla Cassazione che si è pronunciata nella sentenza n. 44121 contro un cittadino che aveva chiesto di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Il contribuente in questione era stato ammesso nel 2004 al patrocinio in due procedimenti penali poi riuniti e il difensore di fiducia gli aveva chiesto la liquidazione della parcella. Il tribunale ha rigettato l’istanza del cittadino spiegando che il reddito dell’assistito, nonostante la dichiarazione dei redditi, era molto più ampio.
Lavoro nero? No, il reddito generato dalla suocera convivente con lui e la compagna. In pratica per definire il reddito massimo per accedere al beneficio bisogna contare tutti i redditi della famiglia convivente, compresi genitori, suoceri e quant’altro.