L’uso dell’auto aziendale e del Telepass per scopi personali da parte del presidente di una società privata concessionaria di un servizio pubblico, non fa scattare il reato di peculato ma quello di peculato d’uso. A dirlo è una recente sentenza della Corte di Cassazione.
La Cassazione con la Sentenza 14040 ha accolto il ricorso dell’imputato che in entrambi i casi di giudizio era stato condannato per peculato. Il presidente della Srl che gestiva il trasporto pubblico, era stato accusato di peculato per aver usato un’utilitaria di servizio a scopi personali fornendo anche un passaggio alla moglie e alla figlia.
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I giudici avevano messo in conto per l’accusa anche gli scontrini del Telepass riferibili a viaggi privati. La Cassazione ha respinto la tesi della difesa secondo cui il peculato andava escluso perché l’imputato era al vertice di un’azienda privata. I giudici hanno anche respinto l’idea del reato di peculato per appropriazione.
Questo accade perché sull’uso costante dell’auto di servizio anche per viaggi privati, la giurisprudenza si è spaccata. Come riferimento normativo è stato quindi usato il caso dell’uso indebito del telefono d’ufficio. E si è arrivati così al reato, quello di peculato d’uso riconducibile all’articolo 314 secondo comma del Codice Penale. L’uso improprio e costante del mezzo non comporta infatti un’appropriazione se l’auto torna alla sua originaria destinazione.
Il consumo della benzina e dell’olio, nonché l’usura del mezzo non hanno una rilevanza autonoma ma sono indizi usati per la determinazione dell’entità del danno patrimoniale che se apprezzabile e consistente diventa anche rilevante a livello penale.