La Cgia di Mestre fa i conti in tasca allo Stato, si concentra sulla vessazione effettuata dall’Erario nei confronti delle aziende e rileva che due anni fa 5 milioni di queste ultime hanno versato nelle casse italiane circa novantasette miliardi di tasse.
Una cifra elevata, da ripartire tra le voci Irap, Ires, Tributi locali. Il computo, data la crisi economica, è al ribasso. Inoltre non tiene conto di altre voci erariali (rifiuti, imposta di registro, imposta di bollo, canone Rai, concessioni governative e contributi delle concessioni edilizie); per esse non è possibile calcolare gli importi esatti pagati dalle imprese.
La crisi economica, in quest’ottica, ha fatto perdere allo Stato (e alle imprese) ben diciannove miliardi di euro. Non a caso il peso complessivo delle tasse è sceso, come sottolinea la Cgia:
Anche se va sottolineato che ciò non è avvenuto a seguito di una riduzione della pressione fiscale generale che, invece, ha continuato a salire, ma, in particolar modo, per effetto della crisi economica che ha influenzato negativamente la crescita del Pil ed ha ridotto di 168.000 unità il numero complessivo delle aziende presenti nel paese
Se si guarda ai dati fino al 2014, l’Ires è diminuita di quasi 16 miliardi, l’Irap di 8,6 miliardi e l’Irpef di 4,5 miliardi. Nel frattempo, le tasse locali sono aumentate di circa 6 miliardi, in buona parte a causa dell’introduzione dell’Imu (tassa poi ritoccata). Continua la Cgia:
E’ comunque doveroso ricordare che le uniche imposte a carico delle aziende che il legislatore ha alleggerito nel periodo da noi considerato sono state l’Irap e l’Ires. La prima attraverso una serie di sconti e deduzioni della base imponibile legate alla presenza di lavoratori a tempo indeterminato. La seconda con l’introduzione dell’Ace. Misure che, comunque, hanno avvantaggiato soprattutto le medie e grandi imprese.