Una recente indagine della Cisl ha fatto luce su quanto il peso del Fisco italiano abbia inciso sui redditi dei cittadini dall’inizio della crisi economica, dal lontano 2007 ad oggi. I dati riportati da questa ricerca, come era da aspettarsi, non lasciano spazio all’immaginazione.
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Secondo la Cisl, infatti, i redditi degli italiani tra il 2007 e il 2012 hanno perso di media il 6 per cento, una percentuale pari a circa 1000 euro. Tale fenomeno è stato indotto dall’aumento progressivo della pressione fiscale, attraverso la diminuzione dei salari, l’aumento delle aliquote e l’aumento dell’inflazione.
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Questo progressivo impoverimento ha riguardato i redditi compresi tra i 12 mila euro e i 55 mila euro, ovvero, a conti fatti, la maggior parte degli italiani. I redditi della cosiddetta no tax area, quelli sotto i 12 mila euro e quelli superiori ai 55 mila, invece sono stati solo marginalmente sfiorati da questo fenomeno.
Sempre da indagini statistiche risulta però anche che tra il 2011 e il 2012 sono saliti i redditi degli italiani, ma l’aumento delle tasse, che hanno subito, rispetto al 2012, un incremento del 31,2 per cento ha ridotto o meglio annullato i benefici acquisiti.
Tra il 2007 ed oggi il reddito medio complessivo è aumentato dell’1,6 per cento, ma la contemporanea riduzione delle detrazioni, unito all’aumento delle imposte, ha portato ad una eliminazione dei possibili benefici. Sono state soprattutto le addizionali regionali e comunali ad erodere i redditi dei cittadini italiani e a rendere praticamente nullo il loro aumento.
La classifica delle tasse che maggiormente incidono sui redditi è quindi costituita da Irpef, Iva, Imu.