Nel mondo di oggi i dati personali sono denaro. Merce di scambio. Di uno scambio che sempre più spesso è, però, stretto appannaggio non dei diretti interessati, cioè i titolari stessi dei dati personali, ma dei grandi colossi del web, che si pongono come interlocutori e intermediari privilegiati per i produttori di beni.
> Metà dell’ advertising mobile mondiale è nelle mani di Google
Ma quanto valgono, in realtà, i nostri dati? Il noto quotidiano economico inglese Financial Times ha provato a rispondere a questa domanda, cercando di calcolare il valore di un singolo profilo utente.
Esistono infatti dei soggetti, i cosiddetti data broker, per lo più organizzati in grandi società, il cui scopo è quello di organizzare in un insieme coerente i dati che corrispondono alle preferenze, scelte, bisogni e necessità di un singolo individuo, per poi rivendere l’ intero pacchetto a chi i produce i beni. Si tratta di un business potenzialmente sconfinato e ancora poco regolamentato, che il rapporto 2011 del World Economic Forum ha definito come “il nuovo petrolio”.
>Le Google elusioni e il capitalismo responsabile
Ma il business delle informazioni personali è oggi solo al suo inizio, e le compravendite dei database dei clienti non rappresentato che una piccola fetta dell’ intera torta in gioco.