Si registra un’altra pesante battuta d’arresto nelle quotazioni del petrolio (con il WTI a 46,15 dollari, in calo di oltre 3 dollari a -6%) a seguito di tre sedute di rimbalzo record, con un rialzo complessivo superiore al 25%.
Un rally che non si registrava dal 1990, al momento dell’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq. Oltre a questioni meramente tecniche, con il rimbalzo iniziato alla rottura ribassista della soglia psicologica dei 40 dollari e la complicità di una forte fase di ipervenduto, sono diversi i fattori che hanno spinto al rialzo le quotazioni del greggio.
L’Energy Information Administration (Eia) ha infatti rivisto al ribasso le stime sulle produzione americana annuale di petrolio. Nonostante le compagnie petrolifere, in particolare quelle specializzare nello shale-oil, siano divenute più efficienti in termini di costi, riuscendo a mantenere robusta la produzione nonostante il deciso calo dei prezzi, l’Eia ha tagliato le stime dei primi cinque mesi dell’anno al ribasso per un ammontare compreso tra i 40 e i 130 mila barili al giorno per ogni mese. Inoltre a giugno la produzione è calata di 100 mila barili al giorno, per un totale di 9,3 milioni di barili al giorno, portando la media del primo semestre a 9,4 milioni. Tale ridimensionamento è dovuto alla revisione del metodo di calcolo delle stime; la nuova metodologia prevede infatti un sondaggio diretto da parte dell’Eia dei produttori nei 15 stati, compresi Texas, Oklahoma, Louisiana, North Dakota and New Mexico. Tale procedimento evita così i ritardi e le incompletezze tipiche delle rilevazioni delle agenzie dei singoli stati.
Infine l’Opec ha ribadito la disponibilità a confrontarsi con gli altri Paesi produttori, al fine di stabilizzare i prezzi del greggio. L’attenzione degli investitori è rivolta alla pubblicazione dei dati sulle scorte, che verrà rilasciato domani alle 16:30 italiane dall’Eia.