La crisi? Tutt’altro che superata. Gli italiani hanno paura che il Paese crolli nuovamente in recessione. I fattori che incutono tali timori? E’ facile individuarli.
Incertezza e sfiducia impediscono di uscire dalla grande crisi e depotenziano gli stimoli fiscali messi in campo dal governo. Frenano le decisioni di consumatori e investitori. Questo sentiment porta a un solo risultato: la ripresa è al di sotto delle aspettative. E tanto più è alto il grado di insicurezza, tanto più bassa è la propensione delle imprese a fare investimenti e maggiore la tendenza delle famiglie a un “risparmio precauzionale”. Insomma, “il circuito della crescita economica viene rallentato e le spinte di politica economica sono demoltiplicate”.
Ma perché le famiglie sono insicure? Perché hanno perso 2.100 euro a testa negli anni della crisi (2007-2013). Quasi l’11% che a livello aggregato significa 118 miliardi. “Una contrazione ampia, inattesa, diffusa”, scrivono gli autori della ricerca. Spalmata in tutte le zone del Paese, anche le più ricche. E per un tempo come mai lungo, nella storia repubblicana. Il timido recupero del biennio 2014-2015 – 8 su 118 miliardi, 180 su 2.100 euro a testa – non cambia la percezione.
Anzi si teme ancora per il futuro: “Il fattore di insicurezza economica fa da attrattore gravitazionale per gli altri fenomeni di insicurezza sociale”. Se infatti l’Italia fosse al livello della Germania per qualità delle istituzioni in termini di accesso al credito, tasso di criminalità, efficienza della giustizia civile e delle procedure di insolvenza, sarebbe possibile aumentare il reddito pro-capite degli italiani di 3 mila euro, riassorbendo così completamente la perdita degli anni di crisi. Ammanco che “agli attuali ritmi di ripresa non sarebbe recuperabile per molti anni a venire”.