L’Agenzia delle Entrate è stata interpellata per un chiarimento riguardo gli iscritti alla CCIAA e ha spiegato che i redditi prodotti dai lavoratori di questo tipo, sono da considerarsi redditi da lavoro autonomo e non reddito d’impresa. Ecco per quale motivo.
I professionisti che sono iscritti alla CCIAA, cioè alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura nella sezione Repertorio economico amministrativo, in alcuni casi possono far sì che il loro lavoro rientri nei ranghi del lavoro autonomo e non possa essere catalogato come reddito d’impresa.
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Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nell’interpello 913-309/2014 proposto da Dre Lazio. A sollevare il problema era stato un professionista iscritto all’Ordine dei commercialisti e al Collegio dei periti industriali. Il professionista in questione si chiedeva se l’attività di consulenza e sicurezza del lavoro del professionista iscritto alla CCIAA, potesse essere considerato come il lavoro svolto da una ditta individuale.
L’Erario, nel rispondere all’interpello ha spiegato che sono da considerare redditi d’impresa quelli derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 cc. In questo articolo si definiscono tutte le attività abituali anche se non esclusive che possono essere assimilate ad attività commerciali.
Per quanto riguarda il lavoro autonomo, il riferimento normativo è quello dell’articolo 53 comma 1 del TUIR che spiega come il lavoro autonomo sia quello che deriva dall’esercizio di arti e professioni abituali, anche se non esclusive, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle dell’articolo 55 del TUIR. Quindi, se l’attività di consulenza e sicurezza del lavoro, che aveva fatto sorgere i dubbi del richiedete, non è autonomamente organizzata ma rientra nella prestazione primaria professionale del commercialista, il reddito è da considerarsi da lavoro autonomo.