Renzi vuol dare uno choc all’economia italiana basandosi su quanto accaduto in Giappone con la salita al governo del liberal democratico Shinzo Abe nel dicembre 2012 che proprio oggi ha annunciato il proprio sostegno a Renzi: “Le riforme italiane dipendono dalla sua leadership”. E sarebbe il top se Renzi riuscisse far scendere la disoccupazione dall’attuale 12,2% italiano al 4% giapponese. Abe ha “rottamato” la politica economica basata sull’austerity che per decenni ha stabilito la linea dell’Impero: i teorici dell’Abenomics hanno, infatti, concorso a mettere in discussione la direttiva basata sul contenimento della spesa, il conservatorismo fiscale, monetario e l’austerità. Hanno messo in atto un’alternativa radicale per tornare alla crescita ed allontanare la paura del declino di lungo periodo.
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La soluzione di Abe si è basata su tre pilastri: una politica fiscale espansiva rivolta a spingere la crescita mediante l’aumento della spesa pubblica; una politica monetaria espansiva; un programma di riforme strutturali di lungo periodo che permetta un aumento degli investimenti del settore privato, più concorrenza e un innalzamento del tasso di popolazione attiva. Il timore del premier giapponese era la diminuzione delle retribuzioni scese del 15% negli ultimi 15 anni riducendo la domanda interna e azzerando l’inflazione: l’obiettivo di una politica fiscale più espansiva era infatti quello di garantire buste paga più pesanti e maggiori consumi.
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Il nodo che Renzi dovrà sciogliere è, però, quello delle coperture. Il Giappone non è condizionato da nessuna politica monetaria sovranazionale, come per l’euro: nel 2013 il deficit è arrivato al 10% del Pil, mentre l’Italia non può sforare il 3%.