Le procedure che devono essere modificate sono molto concesse. Così, la Banca Centrale Europea ha deciso di concedere una dilazione sostanziosa dei tempi entri i quali gli istituti di credito dell’Eurozona devono modificare i “modelli di rischio” al fine di raggiungere più adeguati livelli patrimoniali ed evitare così rischi sistemici.
Come quelli che si sono verificati negli anni passati e hanno dato vita al cosiddetto credit crunch. In pratica, la stretta sui prestiti alle imprese e alla famigli, uno dei fenomeni che si è innescato nella recessione alimentandola a sua volta.
La revisione dei modelli di rischio è stata imposta dalla Bce per aumentare l’efficacia dei controlli. Ma soprattutto di renderli omogenei e il più possibile uniformi in tutta l’eurozona. Ma la complessità è tale che il tempo inizialmente concesso dalle autorità di Francoforte non sarà sufficiente. E si è così pensato di passare, almeno, a un suo raddoppio. Lo rivela una indiscrezione pubblicata dal sito del Financial Times, che cita un documento interno alla Bce. Secondo il quotidiano finanziari britannico, le 123 banche che si trovano sotto la supervisione dell’Eurotower avrebbero oltre 7000 modelli interni. La revisione – che ha avuto inizio nel novembre dell’anno scorso – ha principalmente lo scopo di eliminare le anomalie tra le banche europee per quanto riguarda il calcolo degli asset ponderati per il rischio (rwa).
Ma di cosa si tratta esattamente e che conseguenze potrebbe avere per le banche italiane? In sostanza, la revisione andrà a penalizzare quelle banche che utilizzano modelli più “aggressivi”, ovvero meno prudenti nella valutazione. Secondo gli addetti ai lavori, le banche italiane non dovrebbero essere colpite ma avvantaggiate, visto che in quanto il loro modelli sono sempre stati improntati ad asset ponderati per il rischio superiori alla media.