Le liti temerarie tra il Fisco e i consumatori andrebbero sempre evitate perché le conseguenze possono essere spiacevoli anche per i contribuenti. È il caso dei contenziosi inutili con l’Agenzia delle Entrate contro gli atti firmati dai funzionari illegittimi incaricati.
Dopo la sentenza 37/2015 della Consulta si è sparsa voce che si poteva fare ricorso contro gli atti dei funzionari incaricati di ruoli dirigenziali senza concorso e decaduti dopo la sentenza in questione.
> False email dall’Agenzia delle Entrate
Secondo alcune interpretazioni, infatti, tutti gli atti firmati dai funzionari incaricati nonché le conseguenti iscrizioni a ruolo, sarebbero illegittimi. Non è così con buona pace dei contribuenti. Secondo quando stabilito proprio dalla Corte costituzionale esiste un principio univoco e consolidato della Cassazione in base al quale è sufficiente che gli atti provengano e siano riferibili all’ufficio che li ha emanati.
La Suprema Corte in passato con la sentenza 220/2014 ha confermato la legittimità dell’atto senza richiedere che il capo ufficio debba rivestire la qualifica di dirigente.
In più, adesso si sa che instaurare una controversia per la presunta illegittimità dell’atto può comportare anche la condanna alle spese di giudizio per lite temeraria. Ecco perchè nel momento in cui i contribuenti chiedono all’amministrazione finanziaria di fare da sponda a contenzioni inutili per rilievi su violazioni di natura formale, i giudici potrebbero far valere l’idea per cui la lite basata sullo stesso presupposto a parti invertite sia ingiustificata.
Insomma il vizio di forma sta pian piano perdendo quota tra i motivi che giustificano un ricorso contro il fisco. Una maggiore collaborazione reciproca può dare risultati migliori.