Sulle imposte e anche sull’IVA intervengono negli anni diverse norme e da qualche anno anche l’ordinamento europeo ha provato ad armonizzare i regimi dell’imposta sul valore aggiunto, adottati dagli stati. Ad ogni modo dall’Europa non arriva mai una modifica dei termini. Ecco quel che è valido per i rimborsi IVA.
Anche se sull’IVA intervengono leggi successive che vanno a favore del contribuente, in base ad una sentenza della Corte di Cassazione, sappiamo che i rimborsi IVA richiesti tardivamente non possono superare il limite dei due anni. Entriamo nello specifico del caso che ha portato alla sentenza.
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Il diritto ai rimborsi IVA spetta soltanto al contribuente o all’impresa che ne fanno richiesta entro il termine dei due anni. A dirlo è una sentenza della Corte di Cassazione – la numero 5014/2015 che arriva dopo il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea del 2006 che aveva come scopo l’armonizzazione delle norme IVA a livello europeo.
Il limite dei due anni può essere oltrepassato soltanto in due occasioni: quando il rimborso IVA è stato regolarmente richiesto nella dichiarazione dei redditi senza inoltrare una domanda successiva, oppure quando avviene una cessazione dell’attività della società. In questi due casi il limite per la presentazione della domanda per i rimborsi IVA passa da 2 a 10 anni.
Il caso che è stato oggetto della sentenza è quello di una società che nel 2006 ha chiesto il rimborso IVA per operazioni relative al 2002 alla luce del fatto che la Corte di Giustizia Europea aveva fissato nuovi paletti rispetto al potere di uno stato di escludere alcuni beni dal regime di detrazione IVA. È stato ribadito che in ogni caso una sentenza comunitaria non ha possibilità di agire sui termini di rimborso già scaduti.